La curiosa storia di un bicchiere di wiskey
Era il 1988. Un giovanissimo Tom Cruise vestiva i panni del giovane Brian Flanagan nel celebre film Cocktail e la pratica del flair barteding prendeva il volo.
In molti però non sanno che le radici di tale pratica sono da ricercare più indietro nel tempo, quasi 100 anni addietro.
Sembra infatti che il primo bartender fu un “professore” statunitense, certo Jerry Thomas, showman e cantastorie dell’epoca della “corsa all’oro” californiana.
A lui si deve la realizzazione del leggendario “Blue Blazer”, un drink realizzato mischiando wiskey scozzese e acqua bollente, in grado di attirare l’attenzione di tutti i suoi avventori. Ma in fondo era questo lo spirito dietro le mosse e i movimenti del Professore: abbagliare e affascinare i suoi clienti.
La ricetta, a distanza di anni, è rimasta la stessa e noi vogliamo riportare fedelmente quella descritta dallo stesso Thomas.
“Versare il whiskey e l’acqua bollente in un boccale, dar fuoco al liquido e mentre sta bruciando versarlo da un boccale all’altro quattro o cinque volte, in modo che si mescoli bene […]Se l’operazione è ben eseguita, sembrerà una cascata di fuoco liquido. Dolcificare con un cucchiaino da te di zucchero bianco polverizzato, e servire in piccoli tumbler con un pezzetto di scorza di limone”.
Dietro questa pratica però, diffusasi a macchia d’olio solamente negli anni ’80, ci fu anche la necessità di velocizzare il lavoro del barman stesso nel servire i propri clienti, senza però perdere di vista la qualità dei cocktail.
È grazie ad un gruppo californiano che questi movimenti, fatti di gesti fluidi e artistici, studiati con lo scopo di velocizzare il servizio, si trasformarono in una fonte di intrattenimento e curiosità per i clienti, diventando pratica diffusa.
Solo nel 1997 nasce in Florida, nella città di Orlando, la Flair Bartender’s Association e la conseguente promozione di gare e concorsi a livello mondiale e solamente nel 2008 la World Flair Association, con lo scopo di standardizzare lo stile del Flair Bartending.
Di questa pratica però, bisogna aggiungere, ne esistono due varianti: il Working Flair e l’Exhibition Flair.
Per quanto riguarda il Working Flair, si compone di movimenti rapidi e morbidi il cui unico scopo è quello di servire senza troppi ritardi il cliente. Si eseguono con un bicchiere, una o più bottiglie, un cono Boston e una guarnizione ed è finalizzato alla composizione dei drink con frutta o altre decorazioni
L’Exhibition Flair, al contrario, nasce per spettacolarizzare la preparazione del cocktail, stupire e intrattenere il cliente con dettagli e movimenti scenici, tipici poi delle competizioni. Può diventare un elemento distintivo del locale, un’attrazione durante una fiera, la scenografia per una campagna pubblicitaria o una presentazione di una nuova bevanda.
In Italia è grazie a Stefano Talici e Gianluca Pomati che nel 1992 questa pratica comincia a diffondersi. I due imprenditori portarono nel Bel Paese, direttamente dagli Stati Uniti, le prime attrezzature per bar e, insieme alla collaborazione del bartender portoghese Paulo Ramos, conosciuto casualmente ad una fiera, aprirono una scuola di flair.
È così che anche l’Italia si trasforma nella patria di celebrità del settore, tra cui Bruno Vanzan, considerato uno dei migliori bartender del mondo.
Sarà proprio lui, se lo vorrai, insieme ad altri maestri del settore, ad insegnarti i segreti del flair bartending all’interno del nostro corso di Barman.
Il nostro corso nasce infatti dalla crescente richiesta di specialisti del settore, che siano in grado di operare con professionalità nei drink bar e nei locali più moderni, sia italiano che del mondo.