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Non diventerà mai parte delle nuove 7 meraviglie del mondo, né potrà rivaleggiare dal punto di vista artistico con Villa Adriana o la Valle dei Templi di Agrigento, tanto per citare due delle eccellenze italiane diventate patrimonio dell’Unesco.

Ma mai dire mai: che quella della cucina sia un’arte non lo si scopre oggi, ma se dietro c’è anche una tradizione millenaria, si può davvero sperare di fare il colpaccio.

Ai tempi d’oro di Maradona, i tifosi del Napoli chiedevano scherzosamente di inserire proprio gli azzurri tra le protezioni dell’Unesco, ora invece il concetto si è trasferito a un’altra eccellenza cittadina. Ma è tutto vero. Non si tratta del mandolino, bensì ovviamente della pizza.

Il simbolo mondiale per eccellenza della cucina italiana è infatti candidato a diventare tesoro da preservare proprio presso l’Unesco, e le possibilità di farcela non sarebbero poche.

Per fortuna, viene da dire, visto che la “cerimonia” farebbe anche un gran favore al made in Italy, riconoscendo come copie, non sempre ben riuscite, i tentativi di imitazione sparsi per il mondo.

Qualche dato: più o meno tutti sanno che la pizza più tradizionale, la Margherita, deve il proprio nome all’omonima Regina, e a un omaggio ad essa diretto nel 1889 da Raffaele Esposito, titolare della nota pizzeria Brandi.

Meno conosciuti sono i numeri da business mondiale legati all’arte della pasta e dell’infornata: un giro d’affari da 9 miliardi di euro, 2000 pizzaioli in Italia e oltre 240.000 posti di lavoro considerando camerieri, o semplici fattorini della pizza a domicilio.

Insomma, il settore è uno di quelli che funzionava e continua a farlo, a dispetto della crisi imperante. Peccato che, come da tradizione, e come successo per altre eccellenze alimentari italiane, le imitazioni mediocri o scadenti siano diffusissime nel mondo.

Gli Stati Uniti e l’immancabile Giappone tirano il gruppo anche se, a sorpresa, la nazione con il maggior numero di pizzerie è il Brasile, con 6000 esercizi nella sola San Paolo. Fatto sta che in tutto il mondo il giro d’affari legato alla pizza è pari quasi a sei volte quello italiano (52 miliardi di euro).

Eppure oltre frontiera, con la sola eccezione dei “copioni” giapponesi, il prodotto originale viene deformato sotto vari punti di vista, dalle ore di impasto ai condimenti, fino ovviamente all’origine della salsa di pomodoro, il vero segno distintivo.

La pizza è e resta italiana. E se lo dirà anche l’Unesco, tanto meglio.